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sábado, 3 de agosto de 2013

Età ghiacciale, giorno-notte



Sarà la metafora del giorno-notte, la transizione che più naturalmente esalta ed stimola il riflesso vitale. Nè diventare del inferno parte, né procurarsene uno. Attenzione e apprendimento perenne su quello che c'è dentro, davanti agli occhi e quello in lontananza. Come se i migliori auguri mi accompagnassero mi svegliai la mattina, era mercoledì. Ebbi un chiaro sogno, ero in viaggio a nord, cominciai a sentire nella gamba destra la abituale sensazione che si era manifestata in altri parti del corpo, come se portassi qualcosa incorporato. Vedo che comincia a sporgersi una particella vicino al ginocchio. Posso riconoscere nelle proprie memorie, remote e più segrete un frammento di quello che cominciava a sporgersi fuori la mia carne, sulla pelle. Lo toccavo appena, mi permetteva continuare il viaggio camminando, percorro un sentiero che conduce a te al interno di un un verde cupo di rugiade piante ed alberi. Tu sei sotto l'ombra di un albero Lorca di frutti ancora molto piccoli per decifrarne i versi. Quando mi inchino a salutarti con un sorriso, becco sul mio ginocchio il frammento che ha cominciato a uscirne fuori, è una creatura che sento ancora chiaramente dentro anche se fuori è già ben distinguibile un paio di corna sulla testolina. Sembra di star nascendo in quel momento giusto dalla mia coscia. Mi aiutaste riuscendolo a prendere bene dalla testa, tiraste fuori il tutto quanto e sentì subito una liberazione in tutto il corpo, era un piccolo drago, uno verde rossiccio di una faccina infantile e ali violacee. mi sentì liberata eppure più agile. 

"...quando la Luna, come chioccia, chiama le stelle a beccare le rugiade...
... quando la Notte distesse per il cielo le sue nere vesti per arieggiarle e preservarle dai tarli...
... non ancora la Notte era uscita alla piazza d'armi del cielo a passare in rivista i pipistrelli..."
Giambattista Basile, Il Pentamerone. (1593)

La soglia nomadica, sensibile, la soglia adultescente, di sano smarrimento delle costanti nevrotiche e confusioni di appartenenza. Il sconvolgimento era coinciso con l'apparizione subitanea di un tempo inconsueto di tutto ciò che avveniva con estrema rapidità alimentando l'esperanza del sempre. Si tratta, penso, di agire di una volta per tutte. Così il frutto dell'azione sarà contenuto nell'azione stessa. L'immagine nello specchio è la metafora del processo di accumulazione  trasferimento e interferenza, che sono fundamental nel darsi rinascita, quella di ogni mattina.


Ogni scelta decisiva sembra, ogni azione irrevocabile e carica di significati, in accordo col tempo, ogni indugio colpisce, anche se sembra fosse fuori dal tempo, come nel sogno. Sento i piedi danzare forte, premendo la terra sotto le mie piante, vedo la mia casa colpita da tante coltellate, tante bandierine luccicanti. Se giaci, serbando negli occhi del piccolo drago che traspare in qualche fulva bontà in cui ti rinnovelli.
m.

Mammoth spear thrower, c.14,000-12,000BC - Magdaleniense. Montastruc, Bruniquel, France. © Trustees of the British Museum



L'inferno dei viventi non qualcosa che sara’; se ce n'e’ uno e’ quello che e’ gia’ qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme.
Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo piu’.Il secondo e’ rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all'inferno, non e’ inferno e farlodurare e dargli spazio.
Italo Calvino  da: Le citta’ invisibili (1972) 

lunes, 15 de julio de 2013

Episodio 1

Premessa:
Una coppia, è naufragata in un piccolo villaggio, dove il tempo si è fermato.
I traslucidi miraggi verdi riflettenti della vegetazione nascondevano il pensiero tedioso e mortifero di un tempo immobile emotivamente e ideologicamente.
Eppure qualcosa sotto ogni strato di finzione e di natura disseminata nel dintorno bucolico, tra le nuove tecnologie e vecchie tradizioni si celava.
Era una sensazione per i due esuli, naufragati li, dove solo in una preistoria distante il mare poteva giungere quelli pendici montuose. 
Una voce primigenia, paleolitica, qualche sussulto di corno barbarico li aveva tirato li. Dalle teste vichinghe alle mansuete capre mancanti, li si odorava qualcosa, quel qualcosa un canto forse. Che dalle onde del mar mediterraneo non era più possibile sentire ma che li, in quel tempo sempre retrivo superstizioso, timorato da dio era ancora possibile sentire.
m.


Episodio 1. Tempestà

-Capo nocchiero!
-Gli anziani bambini ci hanno traditi 

-Che c'è
-Funesta gioventù, consumata a recalcitranti assenzi

-Coraggio, dà voce alla ciurma che si diano daffare, forza, forza. O qui crolliamo a picco, Avanti! 
-Ancora educazioni repressive perpetue e solenni 

-E voi tenetevi sotto coperta!
-nessun animo solerte può avere luce nelle ombre medioevali del oggi dove tutto il potenziale astanti è cadavericamente vivo. 

Dimenticanze invisibili di Giuseppe Gamba

Innocenti non in guerra





A cura di Monica_Alcantar*

Versione libera di frammenti di testi:
Madre Courage di Bertolt Brecht
Il Gaviano di Anton Checov
Giulietta e Romeo di William Shakespeare
La Luna e il falò di Pavesse
Protocolo UNICEF Contro bambini armati 2000
Voci di Anna Salutato, Barbara Errani, Carlotta Mencchichi e Monica Alcantar
Crediti fotografici: Christofer Anderson, Mireia Sallares, Monica Alcantar

*Becaria Estudios en el extranjero del Fonca-Conacyt 2012


jueves, 4 de julio de 2013

DIMENTICANZE INVISIBILI. Work in progress



àsenTeatér sviluppa Dimenticanze Invisivili come primo approccio scenico, e vuole aprire l’officina nell’ambito d’indagine e mostrare il lavoro in divenire che, nello specifico, fa riferimento alle tradizioni rurali della Val Brembana, nella provincia di Bergamo; dove il patrimonio genetico di una realtà bucolica, è situato nelle pratiche agresti, ma anche, e soprattutto, nell’immaginario collettivo. Dalle voci afone a cui si ci siamo abbandonati, riscaviamo a mani nude le Voci Dimenticate, quelle dalle verità presenti, quelle altisonanti e livide, quelle che cantano e riverberano nella possibilità di riformare conservando.  
L’anima dei luoghi è fatta di persone e di totem, icone e identità nelle quali crediamo sia racchiusa una forte aura mistico-ideologica, capace contenitore del presente. La scena, l’officina laboratoriale è, in questo caso, il corpo mistico e concreto che si manifesta attraverso la singolarità delle Voci.  
Dalla “voce batacchio” delle campane delle mucche nei verdi pascoli della valle si scende fino al canto delle Sirene Omeriche e nel mare delle possibilità la leggerezza delle nuvole ricoprono il sole, ma quello che si vede non è soltanto ombra.
Una profonda verità è stata rivelata. Le Voci non sono mai sole, sono persone vive.
“Una voce significa questo: c’è una persona viva, gola, torace, sentimenti, che spinge nell’aria questa voce diversa da tutte le altre voci.”                                             Italo Calvino, Un re in ascolto.
Il luogo, dove sorgono e insorgono le Voci , è il corpo sociale, la Valle, nonché lo spazio fisico e immaginifico di una capacità viva e imminente della remota o recente memoria, a cui ci si era sottratti o impudentemente consegnati.  
Una memoria viva, sonante, concreta, come il sapore del formaggio, l’epos delle tante voci della Valle, il loro potenziale odeporico, le vecchie e tradizionali storie, le fiabe, i racconti di miniera, di emigrazione e così discorrendo. Questi sono i caratteri, i contenuti che ci interessa esaltare nel gusto delle vostre orecchie, nella vista delle vostre bocche, nell’udito dei vostri occhi. Il potenziale culturale delle Dimenticanze è già nel vostro sguardo, ascolto e cuore attento, ma ancora una volta invisibile, sottile, spettrale.
Ogni scena, in fondo, è un fatto sociale e in esso il travestimento svela.
In data 14 Luglio 2013, presso il Modo Café di Bologna, àsenTeatér , presenta come primo momento di apertura del work in progress una performance e video installazione

Monica Alcantar, borsista del FONCA-Conacyt 2012. Attrice e ideatrice messicana laureata alla Scuola di Arte Teatrale dell’UNAM. Lavorato con diversi registi e musicisti fra Umewaka Naohiko, Jean-Frederic Chevallier, Stefano Scodanibbio e collaborato con artisti visivi come Tobias Rossenberg. Attualmente laureanda in Discipline dello spettacolo a Bologna dove ha avuto l’opportunità di studio con Bernardi-Casolari, Simona Bertozzi, O Thiasos Teatro Natura.

Giuseppe Gamba, autore e regista, laureato in Letterature, Arti figurative, musica e spettacolo nella Facolta di Scienze Umanistiche di Bergamo, attualmente laureando di Discipline dello spettacolo a Bologna dove ha svilupato percorsi accademici con Alain Leverrier, Lorenzo Gleijeses, Armando Punzo.

jueves, 20 de junio de 2013

Dimenticanze invisibili


"L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio."



Le città Invisibili. Italo Calvino.

















Con il progetto Dimenticanze Invisibili volgiamo innanzitutto recuperare quelle che sono le radici dei popoli cercando di “riconoscere chi o che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno e farlo durare, e dargli spazio”. La metafora dell’inferno proposta da Calvino parla da sé, ma vorremmo sottolineare ed esulare qualsiasi eventuale intendimento retorico o moralistico nella lettura della citazione sopra indicata. Si tratta di un carattere etico, nella coscienza mancata delle masse.


miércoles, 15 de mayo de 2013

Una memoria estranea/Innocenti non in guerra


17 y 19 mayo, Spazio del Polaresco. Bergamo

Video Installazione 4:31, 5:14. 

Concept and acting: Monica Alcantar* 

Invito speciale tutti compaesani messicani 
17 e 19 maggio 21 ore presso auditorium dello Spazio Polaresco. Bergamo
8 giugno 18 ore presso Aula Studio Gadusio, L'altra Babele. Bologna

Ingresso libero
e-mail: info@teatrocaverna.it telefono: 348/4535911
Programa de Retribuciòn Social
*Becaria Estudios en el Extranjero FONCA-Conacyt 


Una Memoria Estranea/Innocenti non in guerra


"Il bisogno di avere radici è forse il più importante e il meno conosciuto dell'anima umana. Difficile definirlo. L'essere umano ha le sue radici nella concreta partecipazione, attiva e naturale all'esistenza di una comunità che conservi vivi certi tesori del passato e certi presentimenti dell'avvenire"
Simone Weil. 1943.


“Una memoria Estranea” e “Innocenti non di Guerra” si tratta di un’istallazione video che da una parte mete in evidenza l’interiorità come paesaggio emotivo in una mappatura di video e foto fissa e dell’altra una costante attesa della funzione sociale nel lavoro creativo e artistico. Questa volta non mi occupo di raccontare o creare un aneddoto, ma di trasmettere la dinamica emotiva come un luogo, come se fosse un territorio quale appare quando lo si abbraccia con lo sguardo: un paesaggio ridente, pittoresco, brullo, e cupo a volte...






miércoles, 20 de marzo de 2013

I was there, I was shivering,

I stepped in and fixed my eyes on your smile, you shrugged your shoulders.
I walked in minding every step, as walking in a room completely in the dark,
yet the morning light irradiated intensely from the wide window, eventually reached the stairs and gripped the banister. Finally, decided to climb the stairs and every single one felt higher and higher, while the rain hit the skylight high above. A different light filtered through the upper floor, a sort of dirty one, where folding chairs and easels would stand disorganized. 

People started to wonder in.  I would like to grab my coat and slip out of the room down, I thought, away from there. I open a window instead and a car splashed passing on the rain. 
There was a tiny smear  when I looked suddenly down. Had the heart in my throat. It was my grandmother's? Felt my fingers like ten small wights pulling downward, I remember her shriveled hands lying on her chest at the hospital. 

Sometimes I have nightmare this wasn't one. But eventually realize when I woke up that in fact, it was. You were in the woods, the cold air at our behinds, steam rose from the snow
gray, almost imperceptible like the ocean on a sunless day. A siren sounded in the distance, just as my brother, I mean your brother opened his mouth to speak, the dream broke off and I woke up in the darkness of the bedroom, rain was pit-pattering against the glass of the my window. I threw off the sheets and stumble across the rooms. I caught sight of one, full of books, in the beginning there's the habit of marveling at everything, with each day that passes increases our capacity of indignation, beholding my fists, hold on the anger for the strategic time, when blinded a little less by the beauty of a possible world.
Occasionally when you look at me, bewildering a little door or window opens into my morning.

I dreamed that my theeth crumbled off. Look what I rustled, in dreams I can whisper and spring up some iambic verses. A feeling of hesitation nudges my heart. One day I'll laugh and tell a riddle to our children. This idea makes everything snap out in focus. One of those moments that happen when our eyes lock in a stare. The way you make me smile tutting your lips and wink your eye at me, pretending to be just passing time doodling, in a absent minded way or your hand reaches unexpectedly the skin of the back of my neck, while I look at the window and the train finds the riverbed.
m.