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jueves, 12 de octubre de 2017

Focus on Shakespeare's Rome: Coriolanus, 1.9.59-72

COMINIUS: Too modest are you,
More cruel to your good report than grateful
To us that give you truly. By your patience,
If ’gainst yourself you be incensed, we’ll put you,
Like one that means his proper harm, in manacles,
Then reason safely with you. Therefore be it known,
As to us to all the world, that Caius Martius
Wears this war’s garland, in token of the which
My noble steed, known to the camp, I give him,
With all his trim belonging. And from this time,
For what he did before Corioles, call him,
With all th’ applause and clamor of the host,
Martius Caius Coriolanus! Bear
Th’ addition nobly ever!
Coriolanus, 1.9.59-72 , Folger Shakespeare Library

This quote delivers to us the true dimension of a legendary figure, of Rome’s perhaps fiercest warrior. As chief warrior of Rome’s army, he has fought nasty and cruel battles. Since a very young age, fighting in every battlefield Caius Martius' has “earned” several wounds on his body as evidence that describe eloquently his honorable behavior. This crucial moment gives him an earned rebirth among laureate soldiers since he has defeated the city of Corioles. His goal, pursued through martial service has been finally fulfilled while his aspirations for divinity perhaps confirmed. Becomes irrefutable at this point that no man can compare to him concerning expertise and bravery in battle. Therefore the ‘war’s garland’ is to him, a deserved rebirth. While the hereditary nobility in Rome held not necessarily any monopoly of skill and prowess in war, because of his lineage, his mind and soul has been shaped into a classical hero archetype. Coming up to the character’s entropic line, Coriolanus at length will release his anger and this fact will force him to submit to his civic and familial bonds. Failing to fulfil the city’s custom showing his wounds to the people, he will be in fact be condemned for treason rejecting the modus operandi of the peoples’ tribunes, a sort of hybris in the tragic sense.



This moment gives the protagonist the confirmation he seeks from a very young age, the reciprocal bonds of fellowship and recognition from his peers. His tempered warlike character is immutable, and the new name confirms the moral and martial agency he has earned indeed. His narcissistic nature nevertheless connotes the inevitable fall from grace that will reshape him back to his man’s stature. While this moment seems to sublimate through both, his own merits and the humbling responsibilities he owes as a soldier to the members of his household and by extension the citizens of Rome. Paradoxically enough within the conception of Roman civiltas Coriolanus seems to strenuously strive to ‘author himself’ by doing so he denies his ties to Roman community and Roman posterity conception. Doing everything in his power to earn his current reputation, as the one who defeated Corioles’ forces, as a soldier he represented Romanitas values but he is not capable to accept his contingent relation to history and communitas. Coriolanus has reached at a man’s state, by serving his community simultaneously approaching the members of society who are forced to depend on others, he is not able to recognized this fact. The moral dimension of the ‘polis’ metabolized from the Hellenistic heritage rebuilt in the romanitas connotation of the play clashes its great anatomy as a political corpus and power has a significant connotation in this play that its protagonist fails to recognize when its most necessary. 



viernes, 29 de septiembre de 2017

メキシコの皆さんのご無事と復興を心から祈っています。


I have received many  messages from my friends allover, where they communicate their moral support after the earthquakes in Mexico. I assured everyone of them that I was safe and my close family as well but that I feared for the sake of some friends and the whole population upon the aftermath of the quakes. A couple of them have communicated strongly their love and compassion for the harsh moment my country is going through but I tell them the truth, I trust completely that we will overcome this moment, dear friendsI thank you for every single line you've dedicated to me and my beloved country.

La Città del Messico è immutabile, poiché costruita come luogo mentale, è tuttora lo scenario di racconti mitici, talmente vividi da farsi sempre più reali, malgrado l’immane tragedia di 7.1 è impossibile sbiadirla ne come come luogo mentale ne come spazio concreto. Come luogo della propria memoria diventa vera in ogni successo coraggioso, in ogni persona che oggi si ritrova nell’ombelico tettonico del mondo. Qualsiasi persona che abbia vissuto a lungo a Città del Messico si renderà conto al andarsene che la distanza è relativa, non è altro che un’illusione, un gioco di specchi che riporta sempre alla propria mappatura sentimentale, quella interna che non esisterebbe altrove, perché si è creata dagli eccessi della percezione, dal vissuto iridescenti della città stessa e dalla memoria di quelli con cui si è convissuto. Ora ne sono convinta del fatto che il luogo dove si nasce è lo spazio dove ci si ritrova anche nella distanza. Ora da lontano riconosco che la mia città natale in rinascita continua e ciclica e riconosco nelle sue gestazioni storiche, estremamente laboriose, un tessuto di valori delicato eppure forte. Oggi in questa città approdo, provo a scrivere, o meglio, a descrivere questo riflesso intercontinentale, per riprodurre questa topografia interiore incespicando su ogni parola, a metà di ogni frase rischio di perdere la bussola e ritrovare in un angolo sconosciuto la fisionomia perenne della vitalità. Faccio e rifaccio, enuncio, cancello ancora, forse all’infinito, ripenso la mia città, la ricerco nel mio interiore per poter tornare… nel tornare non riesco a ritrovare altro che queste frasi, tanto simili a delle preghiere, che si ripetono nella mia testa, sempre uguali, una simile all’altra, magari perché la città dentro di me non cambia, risuona incolume, non è cambiata, la riconoscono nella voce dei suoi abitanti, nel tono evocativo de una fisionomia fatta di persone vere e i loro gesti affettuosi, rigenerati nella catarsi. Le imagini di Città del Messico, quella delle macerie e quella intonsa nell’evocazione del immaginario si sostengono l’una all’altra come se si trattasse di un recinto rituale che il terremoto ha fatto emergere a partire di una archeologia sentimentale, un luogo che non è materiale che precede tutti noi, un luogo primigenio per quanto amatissimo e dolorosissimo nel costante rielaborarsi, rifarsi, riscriversi. La Città del Messico risorge ormai dalla fatalità, come in una ciclica condizione storica che stende la sua patina sfiorando i suoi cittadini come un telo di imbianchino che lascia trasparire la loro luce, diffondendola, le loro sagome piene di forza vitale, di forza rigeneratrice si lasciano indovinare da lontano. La mia città natale ora è una ferita che si ricuce con fatica rivelando il sottile ricamo del tessuto sociale, un interstizio che si apre tra gli interni senza pareti e le stanze senza muri. Vorrei che questo momento sia soltanto una parentesi per la Città, vorrei ricucire subito quelle crepe aperte sull’asfalto, sollevare i calcinacci, riaccendere il colore delle facciate che adesso servono a smentire la morte, a sorridere in faccia al decadimento e a tenere in piedi la disobbedienza civile, l’indignazione spontanea e la generosità innata dei cittadini che tengono in alto il cuore, offrendolo agli dei delle macerie, assieme al pugno chiuso che eloquententemente esige il silenzio, il loro spirito è forte ancora, è forte sempre, risvegliato nel canto del cenzontle che offre la certezza dell’avvenire. La Città è carica di vita e anela al futuro riempito di un chiaro spirito e una chiara volontà politica.

domingo, 9 de abril de 2017

in media res


separazione tra la natura universale e le culture umane contingenti, è solo una delle possibili modalità di descrivere le strutture del mondo e non può quindi essere preso come standard, al fine di comprendere come le altre culture concepiscono il rapporto tra gli esseri umani e non umani. Questi pregiudizi sono felicemente compromessi da antropologi: veri filosofi in campo, portano nei loro quaderni di altre note epistemologie, altri sistemi ontologici, altre filosofie politiche, altre teorie umane, le quali cominciano a misurare l'interesse ben oltre se stessi, sia come strumenti critici che di esperienze come alterità concettuale radicale

Le immagini sono utilizzate, tra l'altro, a stimolare e organizzare la memoria, per trasmettere informazioni e per esprimere le emozioni. Al di là di queste funzioni universali, essi hanno anche il potere di presentare quello che potrebbe essere chiamato ontologie, vale a dire, gruppi di qualità individuati nelle persone e cose. I quattro gioco principale di contrasti tra il corpo e gli stati di coscienza: totemismo (Australia, per esempio), che sottolinea il materiale e la continuità morale tra gli esseri umani e non-umani; analogie (in Cina, nell'antico Messico o il Rinascimento), che postula tra gli elementi del mondo una rete di struttura di discontinuità critica di conti di corrispondenza; animismo (Amazzonia o in Siberia), il che equivale per gli esseri umani per la loro intenzionalità  si differenzia nei loro corpi; Naturalismo (in Europa dal XVII secolo), che ci collega a continuità di materiale dalla capacità culturale. Queste ontologie sono espressi in immagini di natura molto differente da cinque continenti, tra cui una interpretazione non può che essere parziale