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jueves, 20 de junio de 2013

Dimenticanze invisibili


"L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio."



Le città Invisibili. Italo Calvino.

















Con il progetto Dimenticanze Invisibili volgiamo innanzitutto recuperare quelle che sono le radici dei popoli cercando di “riconoscere chi o che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno e farlo durare, e dargli spazio”. La metafora dell’inferno proposta da Calvino parla da sé, ma vorremmo sottolineare ed esulare qualsiasi eventuale intendimento retorico o moralistico nella lettura della citazione sopra indicata. Si tratta di un carattere etico, nella coscienza mancata delle masse.


miércoles, 15 de mayo de 2013

Una memoria estranea/Innocenti non in guerra


17 y 19 mayo, Spazio del Polaresco. Bergamo

Video Installazione 4:31, 5:14. 

Concept and acting: Monica Alcantar* 

Invito speciale tutti compaesani messicani 
17 e 19 maggio 21 ore presso auditorium dello Spazio Polaresco. Bergamo
8 giugno 18 ore presso Aula Studio Gadusio, L'altra Babele. Bologna

Ingresso libero
e-mail: info@teatrocaverna.it telefono: 348/4535911
Programa de Retribuciòn Social
*Becaria Estudios en el Extranjero FONCA-Conacyt 


Una Memoria Estranea/Innocenti non in guerra


"Il bisogno di avere radici è forse il più importante e il meno conosciuto dell'anima umana. Difficile definirlo. L'essere umano ha le sue radici nella concreta partecipazione, attiva e naturale all'esistenza di una comunità che conservi vivi certi tesori del passato e certi presentimenti dell'avvenire"
Simone Weil. 1943.


“Una memoria Estranea” e “Innocenti non di Guerra” si tratta di un’istallazione video che da una parte mete in evidenza l’interiorità come paesaggio emotivo in una mappatura di video e foto fissa e dell’altra una costante attesa della funzione sociale nel lavoro creativo e artistico. Questa volta non mi occupo di raccontare o creare un aneddoto, ma di trasmettere la dinamica emotiva come un luogo, come se fosse un territorio quale appare quando lo si abbraccia con lo sguardo: un paesaggio ridente, pittoresco, brullo, e cupo a volte...






miércoles, 20 de marzo de 2013

I was there, I was shivering,

I stepped in and fixed my eyes on your smile, you shrugged your shoulders.
I walked in minding every step, as walking in a room completely in the dark,
yet the morning light irradiated intensely from the wide window, eventually reached the stairs and gripped the banister. Finally, decided to climb the stairs and every single one felt higher and higher, while the rain hit the skylight high above. A different light filtered through the upper floor, a sort of dirty one, where folding chairs and easels would stand disorganized. 

People started to wonder in.  I would like to grab my coat and slip out of the room down, I thought, away from there. I open a window instead and a car splashed passing on the rain. 
There was a tiny smear  when I looked suddenly down. Had the heart in my throat. It was my grandmother's? Felt my fingers like ten small wights pulling downward, I remember her shriveled hands lying on her chest at the hospital. 

Sometimes I have nightmare this wasn't one. But eventually realize when I woke up that in fact, it was. You were in the woods, the cold air at our behinds, steam rose from the snow
gray, almost imperceptible like the ocean on a sunless day. A siren sounded in the distance, just as my brother, I mean your brother opened his mouth to speak, the dream broke off and I woke up in the darkness of the bedroom, rain was pit-pattering against the glass of the my window. I threw off the sheets and stumble across the rooms. I caught sight of one, full of books, in the beginning there's the habit of marveling at everything, with each day that passes increases our capacity of indignation, beholding my fists, hold on the anger for the strategic time, when blinded a little less by the beauty of a possible world.
Occasionally when you look at me, bewildering a little door or window opens into my morning.

I dreamed that my theeth crumbled off. Look what I rustled, in dreams I can whisper and spring up some iambic verses. A feeling of hesitation nudges my heart. One day I'll laugh and tell a riddle to our children. This idea makes everything snap out in focus. One of those moments that happen when our eyes lock in a stare. The way you make me smile tutting your lips and wink your eye at me, pretending to be just passing time doodling, in a absent minded way or your hand reaches unexpectedly the skin of the back of my neck, while I look at the window and the train finds the riverbed.
m.


lunes, 29 de octubre de 2012

As Juliet, I deal with another fear on love


For a girl in Shakespeare's time, chastity was a priceless commodity. Our context differ quite a bit, our perception an reception of sex is different. Nevertheless theres a virtue stigma present still when we deal with intimate relationship and put it on a social context. For Juliet, to lose her virtue, without the prospect of marriage would be to lose herself. In the speech that begins "Thow know'st the mask of nigh is on my face" Juliet reveals quite remarkable self understanding. She's acutely aware that in love the stakes for a woman are far higher than they are for a man. Has anyone wonder why the text let us know the age of Juliet but Romeo's instead is left uncertain. Shakespeare's poetic language becomes the vehicle of both argument and emotion. The fragility of femininity is still present in our days even when the connotations had been modified according to cultural and social contemporary standards.
m.

Poiché ho questo legame col segno scritto vi leggo adesso
che non è presunzione di scrittrice, questa lingua che mi si sfugge dalle labbra ve la chiedo ancora in prestito.
Provero a verbalizare questa immagine fantasmagorica di un personaggio che si resiste a morire.
La maledizione che lancia Mercuzio sulle due famiglie, che secondo me  rapressenttano gli istituzioni,
odierne battezzate con sigle esoteriche G8 FMI NAFTA VTO World Bank, monteschi, capuleti
la cui prima vittima è l'intelletuale.
L'ibris di Mercuzio è in realta la funzione sociale del artista,  nella sua inguaribile tendenza a polemizare, a contradire, a dibattere col pensiero con la sua sottileza, sua fragilita.
Quello che ci dice per primo, in somma è che l'amore in questi tempi sconvolti non è possibile.
Poi viene l’evidenza. Ecco, a mi fa male questa verità alla isabeltina
m.

Un carissimo amico,
compositore contrabasssita italiano, dieci giorni fa è morto da una crudelissima malatia
una sclerosi amiotrófica, che aveva sofferto da due anni
tempo fa aveva deciso di ritornare in Messico per morire,
paese di cui si era inamorato da circa 30 anni.
Io condividevo con Stefano questo amore
ma questo amore è adesso imposibile.
Quello che una volta per Tina Modotti era stato il paradiso degli artisti, adesso non esiste piu.
Le istituzioni in Messico sterminano gli artisti, qualsiasi nozione di polemica o critica, viene perseguita.
Non me ne avevo reso conto, quasi tutti con cui ho fatto teatro siamo gia da per tutto,
a Montreal, a Barcelona a Nantes, a Austin, quasi tutti i miei amici con cui ho colaborato sono fuori dal Messico
Fino adesso non ne ero conscente,
io me ne sono andata a continuare gli studi cercando di aterrare in qualcosa piu teorica,
soltanto ero dilusa dalla disfatta di tante iniziative progressite, anichilate in un tessuto sociale ucisso dalla diatriba pseudo politica.  
cosi distruto come il tessuto neuro motrice di Stefano.
Avevo deciso di allontanarmi, prendere distanza dal mio amore e cosi forse l'ho tradito perche da lontano  non si possono combatere gli oligarchi.
La prima cosa che mia coinquilina mi ha detto quando ci siamo conosciute è che non sembravo messicana, Quello che per lei era un complimento a me ha fato male.
ma che colpa ne ho io, dai vostri stereotipi.
Que colpa ne ho io della esigenza d’identificazione, io non sono identica a nessuno e nella alterita non c'e niente che mi sia estraneo.
Nelle diferenze mi ci trovo bene.
E che colpa ho di essere antenata d'un paradiso sconvolto.
penso al riclamo della generazione dei mie genitori,
siate realisti e demandate l'impossibile
quindi, ho soltanto questa esigenza, Mercuzio non deve morire e l’amore dovrebbe essere possibile
m.

randomness

B, K and T

Bending believes over the pink,
bicolor tissue holding in, blinking
currency inside my pocket none
believe or not- beyond.

Kettles in the sorrow kitchen knocking
over any handkerchief box kindly,
wet tempered sound, kids jelly fingers
remedy for as titanium clip
pinching the moon,
tide to remembrance morning
sheets tied high and low
with your thyme.

Pause some acquaintances
easy territory, my eye
so I even more Capital
some Dog house of the raised.

m.

lunes, 17 de septiembre de 2012

Life is what happens to you while you're busy unpacking


Vorrei continuare a costellare le stelle, cioè continuare a sognare ma è un po’ scontata come postura politica. In realtà un sogno è un’utopia con data precisa. Io vorrei sfruttare nelle espressione dialettali le possibilità vocale e visuale, nella stesura di una drammaturgia video acustica che coinvolga la mia complessità ontologica, non ho mai avuto la minima intenzione di fare arte, ma solo di vivere che... è il modo in cui la cultura del presente tempo, quotidianamente collettivamente senza i nomi propri che il mercato seleziona o individua singolarmente per consacrare al museo o storia dell'arte

Sono nata a Cittá del 1982. Ho una sorella 12 anni piu grande di me con cui ho condiviso in certo senso un'infanzia come figlie uniche nella casa della nonna insieme a mia madre e un padre assente con origini tutti e due nel Michoacan. Un po’ tutta la mia zona è sempre stata una terra di mezzo, un punto d’arrivo o di passaggio per molti che come i miei nonni si sono trasferiti da una realtá agricola, contadina a una urbana cittadina. Una zona variopinta e conflittuale, popolare al contempo.
Fra un spirito d’avventura e un disagio cittadino mi sono decisa a lasciare il DF, scarse opportunità di emancipazione professionale e poi voglia di uscire dalle etichette e gli stereotipi che inevitabilmente ti seguono come abitante di una dei più grandi metropoli del mondo. 
Dal 2003 faccio teatro come attrice e ricercatrice. Ho fatto i miei studi formali nell'UNAM, attualmente faccio la laurea magistrale in Discipline dello spettacolo dal vivo a fra Bologna in Italia e Gent in Belgica, tramite l'Erasmus. Insomma per vivere è possibile fare un mix di attività più o meno correlate tra di loro e così mi piace, amo la varietà e l’avventura di cercare sempre nuove strade. D’altra parte questi significa anche molta incertezza, il precariato all’estremo e a lungo andare può stancare. A volte escono dei bei progetti e uno ci si lancia, ho fatto una breve incursione nel negozio dei libri ma non mi son mai trovata al mio aggio come entrepreneur, magari in futuro.
Ho affrontato all’inizio del mio soggiorno accademico in Italia certe difficoltà linguistiche rivolte alla distanza fra la lingua imparata e la diversitá dialettale che erano quelle meno forti, mentre le differenze culturali in tutti i campi immaginabili, dal lavoro all’amicizia e alla vita sentimentale, erano forse, all’inizio, l’elemento problematico, la cosa da capire, la sfida per decidere se la scelta che avevo fatto per riprendere gli studi accademici faceva per me. E per ora è andata bene, direi.
Per oggi il mio rapporto col Messico è un rapporto molto stretto, anche critico e appassionato allo stesso tempo. Seguo le vicende della politica e della società civile nei limiti del possibile, scrivendo e collaborando a certe iniziative, resto partecipe, molto di meno di quello che mi piacerebbe. Mantengo le amicizie di vecchia data, magari non tutte ma quelle che più contano, e in genere cerco di aprimi a tante nuove amicizie .
Certamente le lenti per vedere il Messico da lontano mettono meglio a fuoco la situazione, come emigrante la lettura del concetto di Patria si è chiarita in molti aspetti che da dentro non si riescono a vedere, anche ad uscire dal rumore informativo, di gossip mediatico che ci confonde solo le idee quando siamo a casa. A volte sento che siamo dei profeti incompresi e vediamo nei paesi esteri pregi e difetti come facciamo nel nostro, ma non siamo capiti o valorizzati, invece penso che chi vive, va, viaggia o torna dall’estero sia una risorsa inestimabile perché davvero può diventare un agente del vero cambiamento e miglioramento.
Certo che mi manca la famiglia, alcuni amici veri, il mio passato e moltissimi luoghi in cittá i cui penso godermi al massimo quando torni. Non mi manca il provincialismo, il centralismo, il calcio e la TV, senza dubbio.
Il Messico è cambiato profondamente negli ultimi anni. Il paese s’è aperto nettamente al mondo ma senza esserne del tutto pronto. Apertura senza regole non è sinonimo di crescita e benessere per tutti come si predicava negli anni 80 e 90. Nazionalismo e revanscismo si mischiano con le tendenze globali e l'urgenza di cambiamento. La democrazia cresce ma è molto giovane e precaria. I movimenti sociali lottano ma sono costretti in logiche arcaiche e tendono a radicalizzarsi senza poi ottenere gran che. L’esperimento di autonomia comunitaria e zapatista in Chiapas era e forse è, tuttora, una gran speranza ma resta circoscritto. Mentre l'Europa invecchia e decade come sistema, in Messico si respira più dinamismo ma con più contrasti. E’ difficile dirlo in poche righe. La magia del Messico potrebbe restare impantanata nella realtà di milioni di poveri, di una giustizia civetta e di un sistema autoritario che stenta a slegarsi dalle vecchie logiche di potere e preferisce la repressione brutale al dialogo, i soldi e i vantaggi per pochi rispetto al progresso e a un sistema più equo.
m.

sábado, 9 de junio de 2012


Bambino perduto: "I pellerossa! Andiamo a prenderli!".
John Darling:"Aspetta un momento. Prima dobbiamo avere una strategia".
Bambino perduto: "Uhm! Che cos'è una strategia?".
John Darling: "È.. un piano di attaco".
Peter Pan.